Musica e Mito nelle civiltà antiche

Vi propongo la lettura di tre brani che parlano della musica e degli strumenti musicali presso popoli di civiltà e di epoche diverse.

La Finlandia possiede un suo antico poema mitologico, il Kàlevala, che nel secolo scorso, per opera di un abile studioso, Elias Lönnrot, venne pazientemente raccolto e trascritto dalle bocche di vari cantori dei villaggi che, di generazione in generazione, si tramandano oralmente quei versi cantati.

Il protagonista è Väinämöinen, un vecchio saggio simbolo della forza dello spirito umano, che ha ideato e costruito il kàntele, una specie di cetra dal suono dolcissimo ancora oggi in uso in Finlandia; con la musica del suo strumento egli riesce a richiamare ed incantare tutti gli essere viventi, e questo ci dimostra che alla musica venivano attribuiti poteri soprannaturali.

La partenza di Väinämöisen, di Akseli Gallen-Kallela, 1896-1906

Il vecchio, intrepido Väinämöinen, l’etero cantore preparò le sue dita, lavò e purificò i suoi pollici; poi si sedette sulla pietra della gioia, sulla roccia del canto, in cima alla collina d’argento, alla collina d’oro. E prese lo strumento fra le dita, appoggiò la sonora casa alle ginocchia, pose il kàntele sotto le dita e, alzando la voce, disse:

"Vengano adesso coloro che vogliono udire la gioia dei canti eterni, i melodiosi accordi del kàntele, vengano coloro che non li hanno ancora sentiti! Ed il vecchio Väinämöinen incominciò a suonare stupendamente (...) e la gioia splendeva veramente dentro la gioia, la letizia infiammava la letizia (...). E mentre il vecchio pizzicava il kàntele non vi fu alcuno nel bosco, neppure un animale dalle quattro zampe, dagli zoccoli pelosi, che non accorresse ad ascoltare lo strumento, ad ammirare i suoni della gioia. Gli scoiattoli saltano di ramo in ramo, gli ermellini s'arrampicano sui pali degli steccati, gli altri galoppano attraverso le pianure, le linci trasaliscono di gioia. Ed anche il lupo si muove nelle paludi, si sveglia l'orso nella macchia, in fondo alla sua tana nascosta fra i cespugli (...). Tutto ciò che era uccello dell'aria, tutto ciò che volava su due ali scese dal cielo come tempesta di neve e si precipitò verso il cantore per ascoltare il magnifico suono, per ammirare i canti della gioia. L'aquila udì dall'altro delle sue nubi i bei canti del vecchio, lascio nel nido i suoi piccini e venne in gran fretta (...), scendeva dalle sublimi altezze e così lo sparviero si slanciò dal grembo del cielo, le anitre dalle onde profonde, i cigni dai laghi pantanosi, i piccoli fringuelli e tutti gli uccelli cinguettanti (...). Non vi fu un essere sulla terra, non un essere in fondo alle acque, non un pesce dalle sei pinne che non accorresse a sentire i suoni del kàntele, i canti della gioia."

Quello che segue è un esempio di canto funebre dell’Antico Egitto; conosciuto come Il canto dell’arpista, venne composto in onore del capomastro Nefer-hetep;

La musica significa vita e quindi ci è indispensabile nella nostra esistenza, mentre l’aldilà è il regno della pace e del silenzio.

"Vi siano musica e 
canto dinanzi a te, getta alle spalle tutte le pene e volti l'animo alla gioia, fino a quando verrà quel giorno in cui noi viaggeremo verso quella terra che ama il silenzio..."

Infine, facendo ora un salto nella Grecia Antica, leggiamo una parte del primo di due Inni di chiaro argomento musicale che vennero ritrovati a Delfi.
L’Inno, rivolto alle nove Muse, che sono le protettrici delle arti e figlie di Giove nonché sorelle di Apollo, abitano su vari monti, come l’Elicona ed il Parnàso.
Presso quest’ultimo si trova la sorgente Castàlia, a loro sacra.

La musica di questo brano, giunta quasi totalmente sino a noi, è stata trascritta ed anche incisa su dischi: essa ha un grande fascino, poiché è in grado di ricreare l’atmosfera sacra che doveva animare i riti di Delfi.

"O voi, figlie dalle belle braccia di Zeus tuonante, voi che avete ricevuto l'Elicona selvoso, venite ad esaltare con i canti il fratello Febo dalla bella chioma, egli che sul doppio vertice di questa cima del Parnàso avanza assieme alle nobili abitatrici di Delgi verso le limpide acque della fonte Castàlia spingendosi lungo il promontorio di Delfi sino al colle fatidico (...).
Sui sacri altari il dio del fuoco Efesto sacrifica cosce di giovani tori e misto alle fiamme un profumo d'Arabia s'innalza verso l'Olimpo. L'aulo acuto intona la melodia con arie variate e la cetra dorata risuona con dolce voce per intonare inni. Tutti i musici che abitano in Grecia, presso questo monto dalle cime nevose, sulle cetre celebrano per te, glorioso figlio di Zeus, te che annunci a tutti i mortali profezie divine e veritiere..."

Buona Musica!

L’uso della Musica nelle civiltà antiche

Il principale impiego della musica è sempre stato in ambito religioso: una delle prime testimonianze musicali giunte a noi, appartenente alla civiltà babilonese e risalente al 2200 a. C., è appunto un pezzo sacro, una Liturgia e Preghiera al Dio della Luna cioè un’invocazione a questo dio per ottenere la sua protezione sulle greggi e sui raccolti. La musica inoltre era presente, come lo sarebbe stato anche nella nostra civiltà, negli aspetti della vita sociale laica, come feste, banchetti e spettacoli: in Mesopotamia ad esempio sappiamo che i musici erano tenuti in gran conto: i generali assiri vittoriosi, quando decretavano l’uccisione degli abitanti di una città sconfitta, risparmiavano costoro e li inviavano come bottino di guerra, a Ninive, la capitale del regno, perché qui svolgessero la loro attività.

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Anche in Egitto la musica aveva largo spazio in tutti i riti, pure in quelli funebri, ove serviva a simboleggiare la soppravvivenza dell’uomo al di là della morte con la rievocazione del mito di Osiride, il dio che nasce, che muore e ce risorge in un perpetuo ciclo vitale. Ed è significativo che lamenti funebri venissero intonati pure nel corso della mietitura: anche il grano, infatti, veniva identificato con Osiride ed il continuo rinascere della piante era simbolo del continuo rigenerarsi delle via, celebrato con l’intervento della musica.

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I libri dell’Antico Testamento, testimoniano l’uso della musica in ambito sacro presso gli antichi Ebrei: fra l’altro al re Davide, che fu abile cantore e musico, è attribuita la composizione di buona parte dei Salmi, preghiere che venivano cantate con accompagnamento strumentale e che sarebbero in seguito entrate a
far parte anche del rito cristiano.

Pure di genere sacro sono alcune delle prime testimonianze musicali della civiltà greca: si tratta di due Inni di Delfi (un centro dedicato al culto del dio Febo, cioè di Apollo) incisi su lastre di marmo e risalenti al II secolo a. C.

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Della civiltà greca ci sono giunte varie composizioni liriche, su testi di genere amoroso, politico e civile, ad opera di Saffo, di Alceo e di altri, che venivano cantate in svariate occasioni. Nell’Odissea di Omero, incontriamo inoltre la tipica figura del cantore che intrattiene gli ospiti durante un banchetto. Nelle tragedie greche la musica era molto importante; ce lo prova fra l’altro un frammento dell’Oreste di Euripide, che ci è giunto con il corredo di alcune note musicali.

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Presso i Romani era poi significativa la cerimonia religiosa del Tubilustrium, durante la quale venivano “purificati” con riti e preghiere i vari strumenti musicali come la Tuba e il Cornus.

A Roma la musica aveva largo spazio a teatro; essa veniva suonata negli intervalli delle commedie oppure accompagnava scende di danza; ed anche le rappresentazioni di mimi erano supportate dalle esecuzioni di una nutrita orchestra.

Nel corso del basso Medioevo, si afferma nella civiltà occidentale la figura del musicista-poeta (Trovatori, Trovieri e Minnesanger) dedito alla composizione di brani di contenuto amoroso, poetico e civile. Le prime e più importanti testimonianze del genere musicale saranno però riferite al mondo sacro, come si vedrà nel Canto Gregoriano.

Buona Musica!