La nostra civiltà musicale si basa prevalentemente su una scala detta temperata, nella quale le frequenze dei vari suoni, cioè gli Hz, sono stabilite in base ad un preciso valore matematico ottenuto seguendo un complesso calcolo: tale valore è la “costante” 1,0595. Moltiplicando una data frequenza per questo valore si ottiene direttamente il suono più acuto di un semitono: se ad esempio scegliamo il La di 440 Hz, moltiplicando 440 per 1,0595 si ottiene la frequenza del suono che noi chiamiamo La # o Si b.
Proseguendo, cioè moltiplicando questo valore di nuovo per 1,0595, otteniamo la frequenza del Si naturale, e così via.
Ecco pertanto, a titolo di esempio, le frequenze dei 12 suoni diversi calcolati all’interno dell’ottava compresa fra il La di 440 Hz e quello immediatamente più acuto (di 880 Hz), cioè con le vibrazioni raddoppiate.
Le basi della Teoria Musicale studiata ed applicata nel nostro Medioevo ha le sue origini dalla musica dell’Antica Grecia. In quella civiltà infatti venivano utilizzate varie successioni di Tetracordi, cioè di quattro suoni separati da intervalli di tono e di semitono.
“Agganciando” due tetracordi successivi si dava luogo a tre tipi fondamentali di scala:
Dorica – Frigia – Lidia
Scale che con varie modifiche, sarebbero state riprese dai nostri teorici del Medioevo.
L’attuale nome delle note si deve al più grande teorico del Medioevo Guido d’Arezzo (995-1050) il quale, oltre il suo Tetragramma (un rigo musicale formato da quattro linee e tre spazi), per dare il nome alle note si servi delle prime sillabe di sei versetti (emistichi) di un conosciutissimo inno di quei tempi in onore di San Giovanni:
Questo inno, come si può vedere dalla musica, presentava poi una particolare caratteristica: la nota corrispondente alla prima sillaba di ogni verso saliva di un grado così da formare una scala di sei note chiamata Esacordo.
Era nata la Scala Moderna, allora di sei note (Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La): era il principio base per lo sviluppo della futura Scala Musicale.
Nel 1500, con il sommo teorico musicale Gioseffo Zarlino, si fissa il nostro attuale pentagramma (5 righe e quattro spazi), s’incomincia a suddividere la musica in misure o battute mediante le stanghette verticali, si aggiunge la settima nota Si, che risulterà dalla fusione delle iniziali Sancte Joannes.
Nel corso della metà del 1600 la nota Ut sarà modificata in Do. Il nome attuale deriva probabilmente dalla prima sillaba di Dominus (“Signore” in senso cristiano), ed è stato introdotto perché, uscendo in vocale, si pronuncia in modo più fluido nel solfeggio, mentre la “t” finale di ut può essere causa di fastidi nella pronuncia.
Il nome è stato attribuito a Giovanni Battista Doni, il quale nel XVII° secolo avrebbe sostituito “Ut” con la prima sillaba del proprio cognome; in realtà l’uso della sillaba “Do” è attestato già nel 1536 (molto prima della nascita di Doni) in un testo di Pietro Aretino.